Nel panorama della finanza sostenibile, i tradizionali rating ESG (Environmental, Social, Governance) stanno affrontando una crescente critica: troppo spesso si basano su policy dichiarate, documenti formali e impegni teorici, piuttosto che su risultati concreti. Da questa esigenza nasce una nuova generazione di rating ESG alternativi, focalizzati sull’impatto reale delle aziende sul territorio, sull’ambiente e sulle persone.
Il limite dei rating tradizionali
I rating ESG convenzionali si fondano su:
- Documentazione interna (codici etici, policy ambientali)
- Adesione a standard internazionali (GRI, SASB, ISO)
- Indicatori di conformità e governance
Tuttavia, come evidenziato dal Report ESG 2025 dell’Università Cattolica, questi modelli rischiano di premiare aziende “brave sulla carta” ma poco incisive nella realtà. Il rischio di greenwashing è concreto.
Cosa sono i rating ESG alternativi?
I nuovi modelli di valutazione si basano su:
- Dati empirici: emissioni effettive, consumo energetico, impatto sociale misurabile
- Analisi territoriale: effetti su comunità locali, biodiversità, salute pubblica
- Coinvolgimento stakeholder: interviste, feedback, audit indipendenti
- Tecnologie AI e IoT: monitoraggio in tempo reale di parametri ambientali e sociali
Secondo Fisco7, il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ha avviato una guida operativa per integrare questi fattori nella valutazione d’azienda.
Esempi di approcci innovativi
- Impact Rating: valuta l’effetto netto di un’azienda su clima, equità e benessere
- ESG Real Score: combina dati satellitari, sensori e open data per misurare l’impatto ambientale
- Stakeholder ESG Index: costruito su percezioni e esperienze di dipendenti, clienti e comunità
Impatti su finanza e investimenti
- Gli investitori chiedono trasparenza e autenticità
- Le PMI possono valorizzare azioni concrete anche senza grandi strutture di compliance
- Le banche e i fondi etici iniziano a integrare rating alternativi nei loro algoritmi di scoring
Sfide e prospettive
- Serve una standardizzazione dei nuovi modelli
- È necessario formare valutatori indipendenti
- L’UE, con la direttiva CSRD 2025, spinge verso una rendicontazione più concreta e comparabile